25 novembre, Giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Era il 25 novembre del 1960 quando le sorelle Mirabel vennero bruttalmente uccise e, da allora, è diventata la giornata internazionale contro la violenza di genere. E in questa giornata, un invito a riflettere sulla violenza dei diritti umani cresciuta in questo terribile periodo di covid, in cui le strade di tutte le città si svuotano e le porte delle case si chiudono per impedire al virus omicida di entrare. Ma dentro spesso si chiude un altro virus pandemico, quello della violenza sulle donne che sta arrivando ad un punto di non ritorno, taciuta e spesso tollerata da un sociale talvolta distratto. E’ per questo che si presenta sempre più pressante e indifferibile far sentire la voce di tutti a denunciare l’aumento di stupri, violenze domestiche, femminicidi e violenze di genere che in questo momento storico sono arrivate a contare un femminicidio ogni due giorni da parte di uomini alcune volte normali, o misogeni o sadici spesso mariti, padri o figli, sicuramente persone che non riescono ad amare ma che hanno successo nel maltrattare. A ben vedere il problema non è della persona che subisce, lo diventa involontariamente. Il problema è di chi la violenza la esercita, perché chi esercita violenza è un perdente. Sosteniamo le associazioni come “Non una di meno” e altre associazioni che al grido di “se ci fermiamo noi, si ferma il mondo”, sensibilizzano al problema, con la fiducia che quelle grida prima o poi riusciranno a spezzare questa catena e andare verso la normalità. Per questa pandemia non ci sarà un vacino da scoprire. Solo la coscienza sociale, l’educazione all’uguaglianza, l’accettazione del no, il rispetto, ci consentirà di modificare la nostra mentalità e innamorarci davvero di quell’universo fatto di diversità.