Marco Cavallo

forum dedicato agli argomenti riguardanti la ex psichiatria, la psichiatria, la vita all'interno dei manicomi

27/10/2010 20:14:54
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Marco Cavallo

C'era una volta in un manicomio un carretto della biancheria trainato da un cavallo chiamato Marco, venne poi mandato in pensione con l'utilizzo di mezzi più moderni, ma rimase sempre nei cuori dei pazienti....

Anni dopo diventò una scultura e il simbolo della liberazione degli internati in seguito alla legge 180.

 Legno,carta, colla, vernice, sono diventati zampe, pancia, coda, criniera, testa, zoccoli, corpo.

 La pancia deve essere grossa per contenere tutti i desideri dei pazienti,  

gli zoccoli forti per uscire di corsa da quelle mura;

gli occhi posti in alto per vedere lontano e non sbagliare strada;

 il collo dritto e muscoloso per non doversi piegare mai.

Il 25 febbraio 1973 la sua prima uscita pubblica: via Giulia, via Battisti fino al colle di San Giusto dove lo attendono centinaia di persone.

A seguire una gran festa. Oggi, quel grande cavallo turchese ha fatto il giro del mondo, “simbolo di un processo di liberazione per tutti quelli che soffrono della vita manicomiale simbolo della rivoluzione basagliana culminata con la celebre legge 180, nonché simbolo delDipartimento di Salute Mentale di Trieste.

 

 

 

 

26/07/2011 16:26:06
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Marco Cavallo torna a raccontare la storia...

Marco Cavallo. Da un ospedale psichiatrico la vera storia che ha cambiato il modo di essere del teatro e della cura è il nuovo titolo della riedizione realizzata da alphabeta Verlag di Merano e il primo testo della nuova collana 180 Archivio critico della salute mentale.

Marco Cavallo torna a raccontare la sua storia

A partire dai sessanta giorni nel manicomio di Trieste fino a oggi, un’occasione per scoprire come il teatro ha cambiato il modo comunicare la libertà di esistere, restituendo a ognuno la possibilità di una vita migliore. 

A distanza di trentacinque anni le cronache dell’esperienza di Marco Cavallo, scritte da Giuliano Scabia e pubblicate da Einaudi nel 1976, si riaffacciano sul mondo dell’editoria in una veste nuova.

Il libro racconta la storia della libertà riconquistata dagli internati che ancora oggi ci parla di futuro, apre alla possibilità, invita a una scelta di campo. Il testo originale (vera storia, racconto del teatro e poema in prosa scandito in stanze) è stato preservato con cura in quanto testimonianza letteraria, storica e sociale di grande valore, come lo stesso Umberto Eco avevo dichiarato dopo averlo letto: 

Come accade con tutti i libri singolari, il riassumerli li ammazza. Perché il fascino di Marco Cavallo sta nel racconto a diario, steso giorno per giorno, da quando la troupe si installa in un laboratorio del manicomio, a quando i vari degenti a poco a poco si avvicinano e cominciano a lavorare, mentre altri resistono, qualcuno fa ostruzionismo, altri ancora cedono via via, il nucleo di operatori iniziali aumenta, nascono manifesti, dipinti, giornali murali, ambienti favolosi, e si procede lentamente alla costruzione di un grande pupazzo in legno e cartapesta, un cavallo. Marco Cavallo, che diventa a poco a poco il simbolo di questa grande festa liberatoria, in cui accadono cose importanti per l’arte e la comunicazione, ma anche cose importanti per la psichiatria a quanto pare, e individui che sino ad allora erano rimasti chiusi a ogni rapporto dialogico, ritrovano una dimensione collettiva e persino si scopre che possono tornare a casa (Corriere della sera, 6 luglio 1976). 

Da allora lo scenario è inevitabilmente cambiato. È quindi sembrato doveroso accostare al testo originale elementi del passato e del presente che permettessero al lettore di capire e immedesimarsi nuovamente nell’esperienza di cambiamento incarnata dal “cavallo azzurro”.

L’attuale edizione del libro, curata da Elisa Frisaldi, è stata arricchita da: la Prefazione scritta da Franco Basaglia per l’edizione tedesca di Marco Cavallo (1979), il saggio di Umberto Eco Un messaggio chiamato cavallo (Bompiani, 1977), il saggio Racconto dei viaggi di Marco Cavallo nel mondo fuori di Peppe Dell’Acqua ed Elisa Frisaldi, un impianto iconografico rinnovato grazie al recupero delle foto originali e all’aggiunta di preziosi inediti, e un dvd (Marco Cavallo 1973/2004) con le immagini della creazione di Marco Cavallo realizzate dal fotografo e cineamatore Geri Pozzar nel 1973 e commentate nel 2004 da Giuliano Scabia e Peppe Dell’Acqua. 

Per riafferare il senso del viaggio

Il desiderio condiviso dalla casa editrice e dagli autori che hanno lavorato alla nuova edizione di Marco Cavallo è che l’uscita del libro possa rafforzare, stimolare e provocare il desiderio e la memoria del cambiamento, allontanando la smemoratezza che rischia di appiattire e cancellare dal presente ogni traccia del passato profondo.

Troppe voci tacciono. Coscienze morte.

La follia rischia sempre più spesso di essere associata alla pericolosità.

Il cavallo oggi è ancora più magico di allora e, tuttavia, rischia di tornare a essere rinchiuso, circondato da mura. E invece deve continuare a “correre”, deve girare tutta la penisola facendo sosta davanti ai servizi di diagnosi e cura chiusi, davanti ai luoghi in cui le persone muoiono di psichiatria, davanti ai centri di salute mentale vuoti, sporchi e privi di significato, davanti alle cliniche private, private di senso, che privano le persone di futuro.

Da quando ha fatto breccia nelle mura del San Giovanni, il cavallo azzurro ha capito che, da quel momento in poi, avrebbe sempre dovuto raccontare la sua storia dall’inizio, come fosse la prima volta. E così farà ora, a distanza di tanti anni. Buon viaggio Marco Cavallo! 

 

 

02/01/2012 21:40:28
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Nuove su Marco Cavallo

Notizia tratta da forumsalutementale 06 Dicembre 2011

RITROVATO L'APPELLO DI MARCO CAVALLO (QUELLO VERO) PER NON VENIRE ABBATTUTO

La lettera a firma  Marco Cavallo, via San Cilino 16, indirizzata all’allora Presidente della Provincia di Trieste Michele Zanetti, è stata trovata negli archivi della Provincia di Trieste per il progetto «Amministrare il cambiamento», ricerca documentaria promossa dalla Provincia e affidata alla gestione della Fondazione Basaglia con il dipartimento di salute mentale della città e l’Università.

L’idea di scrivere la lettera per salvare dal sicuro macello il ronzino che tirava il carro della biancheria dentro l’OPP di Trieste, nacque tra i pazienti del laboratorio di scrittura di Blip Blip, quotidiano ciclostilato il cui nome derivava dal suono dei primi cerca-persona dei medici. La lettera andò a buon fine. Il 30 ottobre la Giunta delibera la vendita, con trattativa privata, del cavallo, salvandolo dal banco della carne e concedendogli di vivere gli ultimi anni in una fattoria di Udine, acquistato dal farmacista Tullio Cohen.

“Trieste, 12 giugno 1972

Ill.mo Signore

Dott. Michele ZANETTI

Presidente della Provincia di Trieste

Il mio nome è MARCO, di professione “cavallo da tiro tuttofare”. Devo compire ancora i 18 anni e, pertanto, non mi sento affatto vecchio. Gli zoologi ritengono che io possa lavorare proficuamente almeno ancora per una dozzina d’anni.

E’ con profonda costernazione perciò, che apprendo che la Giunta Provinciale da Lei presieduta ha deciso la vendita della mia povera carcassa al miglior offerente (Del.169 dd.4.2.72).

Devo senz’altro ammettere che l’animale meccanico chiamato a sostituirmi, fornirà prestazioni indubbiamente superiori alle mie. La prego rispettosamente però, di voler esaminare serenamente e con tutta obbiettività il mio “curriculum”.

Presto onorato servizio alle dipendenze dell’ Amministrazione Provinciale dal 1959 (oltre 13 anni). Il mio lavoro, consistente nel trasporto di biancheria, rifiuti cucina e quanto altro richiestomi, è stato da me svolto sempre con massimo zelo, tutti i giorni, sia con il gelo e sia sotto il solleone.

Mi auguro che Lei si renda conto delle conseguenze, per me purtroppo ferali, che detta vendita comporta.

Ho ricevuto, infatti, già diverse visite da parte di gente che odorava fortemente di mattatoio, palpeggiandomi a dovere. Al proposito, mi permetto suggerirLe di recarsi ad un qualsiasi macello ed assistere all’uccisione di un mio simile. Ciò potrebbe risultarLe oltremodo istruttivo.

Ma ormai mi rimangono soltanto due alternative di vita:

La prima, forse troppo ottimistica, sarebbe che questa mia possa toccare veramente il Suo cuore e mi consenta di sopravvivere, rimanendo nel mio attuale alloggio, e sempre, ove fosse necessario, a completa disposizione dei servizi ospedalieri. (Anche un motocarro si può guastare). In sostanza, mi permetto rispettosamente chiederLe un meritato pensionamento, pur anche senza trattamento di quiescenza. Infatti mi impegno formalmente a provvedere al mio mantenimento, senza intaccare minimamente i fondi del bilancio provinciale. Per inciso, la spesa ammonta a circa 100 mila lire annue. In compenso (mi perdoni la trivialità), cerco di contraccambiare con un notevole quantitativo di letame, tanto necessario per il vastissimo terreno ospedaliero.

Seconda, e definitiva alternativa per la mia salvezza, sarebbe quella di poter essere acquistato dai miei numerosi AMICI, amici veri, leali e generosi che, oltre al valore intrinseco delle mie povere carni (il corrispettivo verrebbe in ogni caso versato immediatamente alla Cassa economale dell’OPP), sarebbero ben felici di adottarmi affettuosamente ed a provvedere “vita natural durante” al mio sostentamento.

La imploro, ancora una volta, di voler aprire il Suo generoso cuore al mio angoscioso dilemma, anche perchè, a quanto mi risulta, Lei è democratico – cristiano e Uomo pieno di sensibilità.

Se Lei saprà essere misericordioso con me – infelice animale – godrà di tutta la gratitudine possibile, sia da parte mia che dai miei fedelissimi AMICI, gioiosi, in questo caso, di accollarsi l’onere finanziario della mia disperata causa.

Con ossequi e ancora … P I E T A’ !!!

Marco Cavallo, via San Cilino,16 – Trieste”

 

Quando l’attore Giuliano Scabia arriva a Trieste, gennaio del 1973, invitato con altri artisti da Basaglia per tenere laboratori di pittura e burattini, il cavallo già non c’è più. «E però i matti ci raccontavano delle storie su questo cavallo. Poi un giorno Angelina, una paziente stava disegnando un cavallo – ricorda Scabia – e nella pancia ci voleva mettere delle cose. Noi volevamo costruire una grande cosa di cartapesta, e fu fatto un cavallo». Non ci volle molto poi a battezzarlo Marco Cavallo. Il gigante di cartapesta modellato dall’altro Basaglia (Vittorio, pittore e cugino d i Franco) e macchina teatrale diretta da Scabia esce dal manicomio il 25 febbraio del 1973, dopo una lunga notte di discussione sull’opportunità o meno di farlo, sfondando la recinzione dell’ospedale – era troppo alto – e accompagnato da centinaia di matti fa il giro della città. Come scrive Bruno, un paziente, sul giornale murale dell’ospedale, Marco «vuole divertirsi a correre». Da allora non ha mai smesso, invitato in tutto il mondo, come testimonianza e simbolo di quella che Peppe Dell’Acqua chiama «la libertà riconquistata».