CATERINA SALVATA dai LIBRI NASCOSTI -

Caterina salvata dai libri nascosti

«Batti il muro, batti il muro», urlavano i matti dalle finestre affollate di mani e di facce bianche che spuntavano fra le grate nere, proprio lì, lungo la stradina che portava dalla casa di Caterina fino alla scuola: il manicomio e la biblioteca, l'uno appresso all'altra. Batti il muro, e la bambina obbediva a quella richiesta assurda, e picchiava la mano aperta sui mattoni ruvidi e poi scappava via. E' un libro speciale questo di Antonio Ferrara, Batti il muro (ed. Rizzoli, pp. 175, Euro 10) perché racconta la fatica di crescere per una bambina, Caterina, che ha una madre gravemente disturbata, tecnicamente: una paziente psichiatrica. E batti il muro, l'urlo che si trasforma poi in riso sguaiato di tanti matti, si fa metafora di una famiglia triste, prigioniera di se stessa, e dell'incomprensibilità per un bambino di una madre immersa in un mondo sottomarino, con le mani in grembo, gli occhi di vetro e lo sguardo cocciuto di chi si ostina a interrogare gli oggetti. Una madre che urlava e urlava, quella di Caterina, graffiandosi il viso. Una madre che quasi tutti i pomeriggi, magari dopo averla ben nutrita con torta al cioccolato, la chiudeva nell'armadio. Così, semplicemente indicandole la direzione con l'indice e chiudendo subito dopo le ante a chiave. Incomprensibile, inaffidabile, discontinua, crudele: una madre pazza. La storia è vera, è accaduta. Caterina esiste e oggi fa la libraia eppure non ha importanza, la scrittura di Antonio Ferrara la trasfigura, solleva la biografia e rende alla storia la «leggerezza dell'iride e la pesantezza della roccia», proprio come Virginia Woolf suggeriva fosse fatto in merito ai racconti della vita. E dunque il romanzo si avvia con una bambina chiusa nell'armadio, una bambina il cui orizzonte di salvezza di giorno era la scuola ma che di notte tremava per i gemiti di tutti i matti del mondo che le rimbombavano in testa come un sonaglio. Eppure non chiedeva di uscire, Caterina, non si ribellava, non svelava questo terribile segreto che la legava alla madre, forse il suo unico legame. A nessuno. Non al padre che aveva l'aria da prigioniero, che tossiva sempre, che non sapeva dire il dolore pur disegnandolo benissimo. Non alla nonna canterina, che rideva e rideva anche dopo aver dato fuoco alla casa. E non alla sorellina minore, Sofia, che parlava con la bambola rimproverandola come chi sappia quanto «possono essere crudeli le mamme». Mamma, una parola acuta, rocciosa, che fa male, in questo romanzo. Mamma, un biscotto sbriciolato in pugno, sciupata, come una cosa buona e persa. Ma dal buio, dai tarli nel legno, dalla cupezza e solitudine, Caterina si salverà. Con una torcia elettrica, qualche caramella e tanti libri che via via la bambina si portava dietro nella sua «casa di legno». Talvolta riusciva persino a non singhiozzare e usciva fuori passando per le pagine del libro che stava leggendo. Talvolta il dolore era più forte e le bucava il cuore, le mancava la dose necessaria di carezze per sopravvivere. Le mancava soprattutto la sicurezza che sua madre stesse pensando a lei. I libri li divorava in poche ore: erano la sua unica risorsa, la sua oscillante speranza quando poteva permettersi di sperare, perché «la speranza mantiene viva la sensibilità che è fonte di dolore», come sottolineava Primo Levi, nel '46, di ritorno da Auschwitz. Chiarendo con questo come nulla potesse tornare come prima, prima di esperienze tanto devastanti. Quindi è vero: Caterina trova storie e parole, e con loro gli stessi meccanismi che funzionano nel giocare infantile: fantasticare, riconoscersi nel personaggio, arrabbiarsi, amare E la bambina che batteva sul muro troverà anche forza per ribellarsi, per dire di no, ai matti, alla madre, e troverà anche le parole per dirlo il suo segreto rompendo vergogna e spezzando omertà, diventerà poi madre, moglie, libraia di successo. Affronterà un'analisi. Caternina lo sa: i libri le hanno insegnato come la parola sia il riscatto e come coi libri si voli in alto su tappeti che solcano il cielo. Tuttavia nessun cedimento all'happy and da parte di Ferrara. Anzi. Una malinconia delicata velerà la vita di Caterina sempre e rimarrà lì come una sentinella del passato a segnalare lo strazio patito, l'oltraggio ai suoi diritti di bambina che nessuno ha difeso. Salvo i libri!

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