MY LIBRARY - Atelier della Lettura

forum dedicato agli argomenti riguardanti la ex psichiatria, la psichiatria, la vita all'interno dei manicomi

06/09/2019 19:04:03
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MY LIBRARY - Atelier della Lettura

Quello che qui vorrei proporvi è uno spazio dedicato ai libri, dove parlare di libri e nello specifico di quelli che affrontano, trattano o toccano il tema della psichiatria. Non possiamo fare letture di gruppo se non altro per situazioni logistiche ma potremo fare gruppi di lettura condivisa. Trattare di un libro, parlarne e discuterne in modo pertinente e profondo così da permettere di mettere in condivisione le proprie idee e i propri sentimenti, le proprie emozioni come possibilità di scambio. Incontri virtuali tra persone che si ritrovano per stare insieme nel confronto, nella discussione e anche nel contradditorio. Mi piacerebbe divenisse un dialogo a più livelli per rendere ciascuno di noi portatore di una lettura propria e differente del libro. L’espressione di queste differenze determinerà l'arricchimento di ciascuno.

Allora questo spazio sarà uno strumento che darà forma alla nostra storia di lettori, comunicando l'empatia che i libri hanno suscitato in noi quando li abbiamo letti, gli abbiamo scelti e li proponiamo.

Lo spazio si chiamerà MY LIBRARY - Atelier della Lettura

Chiunque vorrà raccontarci di un libro, troverà qui lo spazio.

06/09/2019 19:34:03
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MY LIBRARY - Atelier della Lettura – Gli ultimi giorni di Magliano

Propongo io come primo libro Gli ultimi giorni di Magliano che nel 1982, anno di pubblicazione, lo scambiai con un altro libro con una amica. Oggi fa parte della mia libreria.

Andrò a ricercare il mio taccuino, sempre mio compagno di viaggio, che è il posto dove scrivo quello che mi sta intorno. Se un pensiero mi passa per la testa lo metto lì, a volte annoto frasi da libri, poesie. Il taccuino è un posto tutto mio. Andrò a rileggere le mie annotazioni e i mie commenti di quella lettura.

E' un omaggio alla mia recente visita all'ex manicomio di Maggiano.

 

Titolo: Gli ultimi giorni di Magliano

Autore: Mario Tobino

Casa Editrice: Mondadori

Data di pubblicazione: 1982

                                                                                                          Mi ammonisce una signora visitatrice, consorte di grande autorità,

                                                                                                                                                        femmina moderna, psicologa, novatrice:

                                                                                                                "Non si crogioli, dottore, sul suo vecchio passato manicomiale".

                                                                                                       Rispondo:"Non ne ho tempo, signora. Sto contando le vostre vittime".

 

Trama

Gli ultimi giorni di Magliano, scritto sotto forma di diario in chiave lirica dallo psichiatra toscano Mario Tobino affronta un tema di considerevole importanza, quindi, meritevole di considerazione: la chiusura dei manicomi in Italia.

Quando il 13 maggio 1978 la legge 180 sancì la chiusura degli ospedali psichiatrici, Tobino, allora direttore del manicomio di Lucca, presagì con amarezza che il suo intervento manicomiale di ben quarant'anni sarebbe stato impedito per essere affidato alle strutture territoriali. La 180, legge che osteggiò fortemente.

Tobino nel racconto descrive con nostalgia le dinamiche quotidiane del manicomio che per quei quarant’anni era diventato anche la sua casa. Egli si trova costantemente a stretto contatto con i malati dei quali conosceva perfettamente le abitudini e le possibili trasformazioni. Il libro manifesta come all’interno della struttura fosse essenziale il coordinamento dell’attività dei medici e degli infermieri che si dedicavano con pazienza alla cura dei malati, cercando da sempre di rendere gradevole, per quanto possibile, la loro permanenza e il loro vivere nel manicomio.

Con una generosa narrazione, egli sostiene e difende il suo metodo tradizionale, quello della carità che consisteva nell’assistenza incessante, nel continuo sostegno e appoggio al malato. Continuamente affiora dai racconti del Tobino la passione per la cura, la dedizione, il sacrificio, l'attenzione, la vocazione di aiutare gli altri; il desiderio di rendere più gradevole la vita di quelle persone. È un messaggio forte quello che emerge dal libro.

Il dottor Tobino concepì l'ospedale psichiatrico come la struttura più adeguata e idonea per trattare la malattia mentale, il luogo dove il malato veniva accolto con competenza ed affetto e dove poteva vivere al sicuro, lontano dalle pressioni della famiglia e dalla vita frenetica.

Egli ha un profondo rispetto per la follia e ne sente tutto il fascino, ma sostiene anche un concetto della malattia mentale che ha a che fare essenzialmente più con la neurologia che con l’analisi sociologica. Egli sostiene che le patologie dell’affettività non esistono (“gli affetti non si ammalano“) e ritrova la causa dello squilibrio, che è una realtà per lui inoppugnabile, in un fattore organico.

Ne consegue che un contenimento coscienzioso, affettuoso e umano sia l’unica soluzione.

Questo lo porta a polemizzare con Basaglia e i suoi seguaci.

...Poi arriva la Moda, la Demagogia. I negatori della malattia mentale, spalleggiati dalla stampa e dagli altri media considerano la follia un prodotto della Società e del Potere.

Legioni di psicologi, spinti anche dalla necessità di sbarcare il lunario, cercano di dare una spallata alla psichiatria tradizionale, che pure vantava ottimi e motivati medici.

Si diffonde un nuovo gergo: "smantellamento, istituzionalizzazione, territorio, settore, inserimento nella società". Parole d'ordine, slogan spesso privi di senso.

"Cominciano le riunioni e si fanno fitte"...

Mario Tobino descrive con rabbia e sarcasmo le posizioni innovative degli psichiatri democratici rimarcando il disinvolto utilizzo nei trattamenti degli psicofarmaci e il convincimento che la società e l'istituzione manicomiali fossero i responsabili primi della follia. Nel libro avvalora il "diritto alla pazzia" e ribadisce la propria estraneità al lessico "istituzionalizzazione, smantellamento, zone"...e ne rivendica la distanza. E' evidente l'attacco alla legge Basaglia e all'ondata della nuova psichiatria democratica che vedeva la follia come male generato dalla società.

Egli esalta la follia, vera protagonista del libro, in tutte le sue forme ritenendola una via di espressione della personalità umana. Il malato, a suo parere, risultava essere paradossalmente libero dietro le sbarre del manicomio, mentre metaforicamente incatenato ed imbavagliato dagli effetti delle potenti ed innovative medicine.

Nel libro si traccia il bilancio di una carriera ricca di amarezze e soddisfazioni, con un primo incrinarsi nella fiducia dei metodi adottati risalente al 1952, quando gli psicofarmaci, con il Largactil, fecero ingresso negli ospedali psichiatrici.

Alla fine del libro Tobino raffigura la strage alla quale assiste, impotente, mentre si avvicina la chiusura del manicomio. I pazienti, infatti, dopo essere stati dimessi, anziché trovare una nuova e gratificante libertà, decidono di togliersi la vita nei più svariati modi. Le notizie dei suicidi giungono per le più disparate vie al manicomio e vengono amaramente riportate dallo scrittore, il quale assiste rassegnato al radicale cambiamento della realtà nella quale anch’egli ha a lungo vissuto.

Ora, ritengo che sia un libro scritto con il cuore, ma non ne condivido i contenuti. Le mie vogliono essere semplici osservazioni, di una persona che comunque ha vissuto l'ospedale psichiatrico o manicomio come lo si vuol chiamare.

Già da allora, leggere Gli ultimi giorni di Magliano, generò in me un profondo pensamento e ripensamento su Mario Tobino. Riflessione creata soprattutto da quell'ambiguità intesa come variamente interpretabile sul suo rapporto con il manicomio e la follia.

Fu medico manicomiale e di conseguenza costantemente impegnato con le varie forme della follia, dalla schizofrenia alla paranoia alla malinconia. E' stato certamente un fiero avversario di quella svolta epocale, che vedeva l'Italia all'avanguardia nel mondo e credo che la sua amarezza fosse rivolta al nuovo corso che la psichiatria intraprendeva, la psichiatria che si rinnovava, la sua sfiducia verso quegli operatori, medici e psicologi che vedevano nella pazzia anche le colpe della società. Sfiducia espressa con forza e con passione in questo romanzo, che rimane bello, comunque la si pensi.

Emerge chiaro l'affetto per i suoi malati; la sua missione di medico esercitata con umiltà e dedizione; l'ammirazione e la gratitudine per l'oscuro fondamentale lavoro degli infermieri. E soprattutto lo sgomento di fronte al mistero della mente umana e della follia che, a suo parere, le nuove schiere di psichiatri devoti alla moda e al potere tentavano di curare semplicemente negandola.

Anche se palesemente e dichiaratamente favorevole alla psichiatria manicomiale, non è stato comunque per una psichiatria disumana. Anzi egli ricorda che già dagli anni Cinquanta a Lucca ai malati erano concesse molte libertà, coltivavano la terra, con alcuni di loro si riusciva a instaurare un dialogo. Taluni, guariti, erano dimessi. E' nei miei ricordi quando il papà di una cara amica, vecchio infermiere a Villa Clara negli anni '50, ci raccontava di quei matti, di un'immensa distesa di terra che i degenti coltivavano con frutta e ortaggi che venivano poi utilizzati per la cucina e in parte venduti. L'ergoterapia è stata sicuramente uno strumento terapeutico importante, ma pur sempre un programma progressista dentro le mura.

E' chiara la mia posizione rispetto all'operato del professor Tobino. Credo manchi del tutto un aspetto fondamentale in quella che potrebbe essere una corretta disamina dell'autore: non si poteva e non si doveva dimenticare che, nei manicomi diversi dal suo, maltrattamenti, molestie e sevizie verso i folli erano all'ordine del giorno ed è debole la motivazione del "contenimento" degli eccessi di violenza della pazzia per giustificare le assurde e aberranti immagini che chi si è avvicinato ai manicomi o ai libri che di essi hanno parlato, si sono potute osservare.

Quando ci si schiera o si sostiene una tesi in antitesi con una opposta, diviene difficile guardare con obiettività ciò che differenzia l'una dall'altra. Ho già affermato che non ne condivido il contenuto. Sono una basagliana convinta e ho lottato in prima persona alla chiusura dei manicomi.

Non ho potuto vedere l'operato del dottor Tobino. Sicuramente ha svolto la funzione di direttore di un OP con grande carica umana e scrupolosità. Ma chi di noi oggi potrebbe pensare con nostalgia ai manicomi?

Il libro di Tobino smentisce l'esistenza di manicomi lager. Qualcuno asserisce: "è possibile che fosse la norma e che fossero labirinti di brutalità e vergognose carceri? Mi sento di dire: "Si, nella maggior parte dei casi, in Italia e ancor peggio altrove".

E non mi sento di dire che la legge Basaglia fosse perfetta. Certamente nei primi tempi dell'applicazione sono sorti una serie inaspettata di problemi e certamente avrebbe avuto necessità di modifiche. Dall'abrogazione all'attuazione passò del tempo. Perché in Italia la macchina politica è sempre stata estremamente lenta. E' necessario osservare che non in tutto il territorio nazionale ha avuto la stessa applicazione. Ciò può dare ragione a chi dice che alle morti nei manicomi sono succedute le morti in casa o nelle strade. Vogliamo ricordare quanti degenti morivano all'interno dei manicomi per bolo alimentare?

Persiste fortemente in me il convincimento che sia sbagliato rinchiudere le persone con costrizioni inumane.

Questo libro è il diario con cui Mario Tobino si è congedato dalla professione di psichiatra dopo quarant'anni di servizio. E' il libro di addio ai manicomi. E' il libro di addio al diritto alla follia. Egli è provato e sfinito nella sua lotta contro questa nuova legge; difende in tutti i modi i suoi malati ma sarà sconfitto, rimarrà solo l'affetto verso i suoi "compagni di viaggio."

La scrittura del diario è ammirevole e perfetta e il suo italiano tra i più belli che io ho letto. Delicato, ma a tratti  triste e malinconico.

Racconti di una vita in cui si dipingono i malati come persone di famiglia, come amici d'infanzia perduti e poi ritrovati. Egli si congeda dalla professione di psichiatra con l'amarezza di vedere il proprio lungo lavoro messo da parte.

Forse sarebbe stato anche fuori dal manicomio un bravissimo psichiatra, fuori da quelle mura che a volte contengono anche i sani.

 

                                                                                                                              "E allora, cari amici, addio. Abbiamo passato insieme più di quaranta anni.

                                                                                                  In quei ultimi tempi – nel fumo della moda – non vi ho saputo né proteggere né vendicare.

                                                                                                                                                                          Ero rimasto solo. E da solo non ne avevo la forza."

                                                                                                 Addio, Magliano, addio. Mia fantastica e veritiera mente.

 

 

06/09/2019 20:08:04
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TAGLIAFERRI RODOLFO

R: MY LIBRARY - Atelier della Lettura-gli ultimi giorni di Magliano

Pur essendo Mario Tobino uno Psichiatra, oserei dire un ottimo psichiatra, non dobbiamo dimenticare che è stato anche un ottimo scrittore, vincitore di numerosi premi Nazionali . I suoi libri hanno dato vita ad una lunga filmografia e chi ne è interessato attraverso i link sulla nostra Home Page, cliccando su Fondazione Mario Tobino, ne può venire a conoscenza. Di rimando posso affermare, che il libro LE LIBERE DONNE DI MAGLIANO, hanno aiutato molte persone....