"Il cimitero dei pazzi" le storie degli invisibili

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12/11/2010 19:28:30
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Giada

"Il cimitero dei pazzi" le storie degli invisibili Francesco Zarzana

Paura del diverso, vergogna e ignoranza. Per lungo tempo la malattia mentale ha prodotto il rifiuto sociale e ha consentito di giustificare la segregazione in spietate istituzioni totali. Solo negli ultimi decenni, l’evoluzione della psichiatria e le conseguenti normative, pur non riuscendo a cancellare del tutto pregiudizi e riserve, hanno aperto la porta almeno nel mondo occidentale a un dibattito teorico che ha permesso la chiusura dei manicomi e la denuncia del sistema che li governava. Ma la storia del popolo degli invisibili che in passato, sia sotto i regimi totalitari che al riparo di sistemi liberaldemocratici, sono morti annientati negli ospedali psichiatrici, è rimasta comunque per lo più sconosciuta.

Con Il cimitero dei pazzi, (Infinito edizioni) Francesco Zarzana, scrittore e autore di teatro, racconta ora almeno un episodio di quella tragedia corale dimenticata e ricostruisce, con precisione e passione, l’incredibile vicenda di quattromila malati di mente, quasi tutti sepolti senza che ne fosse riconosciuta l’identità a Cadillac sur Garonne, nel sudovest della Francia, in un cimitero divenuto nel 2008 monumento nazionale. Inumazioni di massa andate avanti non solo nel dopoguerra, ma anche (numerosissime) nei decenni successivi, addirittura fino al 2000.

Riferisce e ricorda Zarzana di come, in un paese di poco più di duemila abitanti, riposino quattromila “alienati”, la cui storia s’intreccia con quella dell’adiacente ospedale psichiatrico e del castello prigione dove erano internati i “pazzi” nella Francia del regime filonazista di Vichy che, in quel periodo, sterminò 45.000 malati di mente. Emergono allora  vite “occultate, come quella di Margherite B. o di Osvaldo, fuggito con i genitori dall’Italia nei primi decenni del Novecento, insieme agli orrori di quel cimitero. Molti di loro non furono mai cercati né reclamati, invisibili da morti come lo erano stati da vivi, abbandonati dai loro famigliari, tombe rimaste senza un nome e senza il conforto del dolore dei vivi.

12/11/2010 21:37:55
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Angelo Borrini

Bisognava cambiare il sistema ma non chiuderli!

Il sistema era il problema..............Ma no l'istituzione Manicomio.Il dottor Mario Tobino aveva visto giusto in relazione alla chiusura dei manicomi.Effettivamente persone affette da gravi disturbi mentali pericolosi per sè e per gli altri erano e sono una triste realtà(vedi notizie di cronaca contemporanee e degli ultimi 30 anni)..Solo che prima si andava a finire in Manicomio per cose assurde o patologie(?) inventate a proprio uso e consumo contro politici dissidenti,artisti estroversi,problemi mentali di lieve entità e omosessuali!!

Ora che son passati 30 anni......E'ambizione di non veder più famiglie accollarsi persone con seri e pericolosi disturbi psichisci....Ricreare i manicomi ma senza quella barbarie e crudeltà che le aveva contraddistinte dagli anni 40'in poi......del passato 900'.

Mario Tobino amava i suoi malati come i suoi figli......Un direttore che è rimasto vivo nella memoria di noi lucchesi tutti.

Come non dimenticarsi di un altro eminente dottore psichiatra del San Girolamo di Volterra ovvero il mitico e compianto dottor Pacchiani.Personaggio singolare con lievi problemi d'ipocondria conosciuto dal mio zio buon anima......Che con Volterra ha avuto dei grossi legami.

Angelo il fatiscenteFico