film sulla psichiatria

forum dedicato agli argomenti riguardanti la ex psichiatria, la psichiatria, la vita all'interno dei manicomi

04/09/2010 13:06:53
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Massimiliano Rossi

film sulla psichiatria

recentemente al festival del cinema di venezia è stato presentato un film che tratta argomenti di nostro interesse. la ex psichiatria.

il film si chiama LA PECORA NERA. e tra gli autori e attori si trovano personaggi di rilievo che sul serio studiano la ex psichiatria, parlo di Ascanio Celestini che compare anche nel dvd documentario di simone cristicchi, parlo di max gazzè..  ed altri..

riporto di seguito il link per vedere la scheda e il trailer del film che a breve uscira nei cinema.

 

basta fare click sulla locandina per visitare la scheda

 

12/09/2010 13:16:00
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Giada

R: film sulla psichiatria

Il film "La pecora nera" di Ascanio Celestini vince al Festival del Cinema di Venezio il premio Rotella.

Il regista Mimmo Calopresti, presidente della giuria, ha letto alla stampa le motivazioni dell'assegnazione.

"Il film rende in modo creativo il percorso personale dell'artista - si legge nella nota - sia dal punto di vista narrativo che da quello visuale. Il tema della follia viene descritto in maniera realistica e teatrale". La pellicola, tratta da un libro di Celestini rappresentato anche in teatro, narra infatti la vita nei manicomi durante gli anni '60 mediante la narrazione ingarbugliata di un internato, il trentacinquenne Nicola.

"Il manicomio è un condominio di santi. So' santi i poveri matti asini sotto le lenzuola cinesi, sudari di fabbricazione industriale, santa la suora che accanto alla lucetta sul comodino suo si illumina come un ex-voto. E il dottore è il più santo di tutti, è il capo dei santi, è Gesucristo". Così ci racconta Nicola i suoi trentacinque anni di "manicomio elettrico", e nella sua testa scompaginata realtà e fantasia si scontrano producendo imprevedibili illuminazioni. Nicola è nato negli anni sessanta, "i favolosi anni sessanta", e il mondo che lui vede dentro l'istituto non è poi così diverso da quello che sta correndo là fuori – un mondo sempre più vorace, dove l'unica cosa che sembra non potersi consumare è la paura.

 

E' superfluo  dire che non vedo l'ora di vederlo!

23/09/2010 20:25:56
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Giada

Intervista ad Ascanio Celestini

Corriere mercantile  di mercoledì 22 settembre 2010

Intervista a Ascanio Celestini

Chi è la "pecora nera"?

Nel mio film, è il protagonista Nicola, che per 35 anni ha vissuto in un manicomio. Ripercorro la sua storia sin da bambino, cercando di fornire uno spaccato della condizione di vita dei malati mentali in Italia. Ma, estendendo il concetto, "pecora nera" è chiunque viva in questi istituti, dove si viene considerati dei problemi, e nno delle persone, dove non esistono i diritti minimi, dove non si parla mai di dignità umana.

Un film di denuncia?

No, quello direi di no. Semma i un film per riflettere, a poco a poco. Non volevo accendere una miccia e scatenare l'effettobomba. Ma entrare nella testa della gente gradualmente. Non prendo di mira i manicomi, ma le istituzioni. In Italia sono stati fatti dei progressi, ma ancora non basta. E' un pò come il discorso delle carceri. Luoghi infami, così come sono. Chi viene rinchiuso dentro, non avrà mai una vera possibilità di recupero.

In passato, si è occupato dei manicomi il suo collega Simone Cristicchi...

Mi viene in mente il suo bel lavoro, come pure quel documentario firmato da Bellocchio, Agosti, Petraglia e Rulli, "Matti da slegare". Parlare di manicomiooggi non è più un tabù, ma le persone comuninon hanno ben chiaro come vivano gli internati.

Spera ci siano progressi dopo il suo film?

Se così fosse, la cultura in Italia sarebbe labile. Non voglio cambiamenti da un momento all'altro. Non ho cercato di fare la voce militante. Semplicemente, ho raccontato. Il mio obiettivo è la persa di coscienza collettiva.

A Genova ha presentato tutti i suoi spettacoli.

E' una città che mi piace e con un sistema teatrale eccellente. Mi ha colpito anche la periferia, dove ambientai, ad esempio, il mio "Fabbrica". Dopo la presentazione del film, tornerò per un omaggio a Edoardo Sanguineti, un grande intellettuale.

Ne condivide anche il pensiero?

Sanguineti disse che la lotta di classe ormai, la facevano i padroni. E aveva ragione. Io mi rispecchio nelle sue idee. Se sono scomodo per chi governa oggi= Sono visto come un intruso. Il nostro premier è considerato un grande capitalista. Ma se fosse vero, investirebbe nella cultura, dove siamo i migliori da più di duemila anni.

 

24/10/2010 17:38:37
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Giada

In manicomio con Celestini

Articolo tratto da L'Unità. 3 Settembre 2010

 

Nel contesto di questi primi giorni di Mostra, "La pecora nera" è una benedizione: finalmente un bel film, dopo incredibili schifezze o ambigui monumenti alla correttezza politica. Ma non ci sembra il modo giusto di parlarne: Ascanio Celestini, grande teatrante/affabulatore al primo film, non ha il compito di salvare Venezia da se stessa. Il suo film ha una lunga storia che prescinde dal Lido. Che sia in competizione è un incidente di percorso.

Prima di diventare un film, "La pecora nera" è stato uno spettacolo teatrale in forma di monologo ed un romanzo (editi in cofanetto da Einaudi). Apparentemente è la storia di un caso clinico. Un ragazzino nato «nei favolosi anni 60» (la frase è un tormentone che in teatro ricorreva spesso, nel film meno) cresce in una condizione di disagio, con una nonna affettuosa e ingombrante, un padre e dei fratelli violenti, una madre rinchiusa in manicomio. Dopo aver assistito all’omicidio di una prostituta, uccisa dai fratelli, il piccolo Nicola viene anch’egli ricoverato e sottoposto a elettroshock. Come suol dirsi, chi entra in manicomio sano diventa matto per forza. Anni dopo – nel 2005, nei giorni della morte di Papa Wojtyla – Nicola ha sviluppato una forma di schizofrenia che lo spinge a sdoppiare il sé «normale» con un alter ego folle. La trama non prevede scioglimenti: il manicomio è diventato un habitat, uno stile di vita. Non a caso il film si apre con la famosa barzelletta, che la voce di Celestini racconta fuori campo, dei due matti che tentano di fuggire dal manicomio dai 100 cancelli, i due matti ne scavalcano 99 e, all’ultimo, si stufano e tornano indietro.

Abbiamo «sciolto» in una trama temi e situazioni che Celestini a teatro snoda in un monologo avvincente e inquietante, e che al cinema – con l’aiuto degli sceneggiatori Ugo Chiti e Wilma Labate – si evolve in una serie di tableaux vivants, di bozzetti autosufficienti. C’è molto Brecht nello stile volutamente non naturalistico, e c’è molto Pasolini nell’occhio cinematografico che Celestini si inventa per questo suo primo film (non casuale, anzi, decisivo l’apporto del direttore della fotografia Daniele Ciprì, già partner di Franco Maresco in Cinico Tv). Ma l’apparente limpidezza del film" "nasconde una complessità che darà vita a polemiche e fraintendimenti. È facilissimo leggerlo come un film sulla pazzia, sulla 180, su Basaglia, e trovarlo poco realistico, poco «di denuncia».

La verità è che Celestini usa il manicomio per parlare d’altro, e nessuno è in grado di spiegarlo meglio di lui: «Non volevo fare un film, né uno spettacolo, di denuncia. Per questo non è ambientato nel ’78, all’epoca della legge 180, e non parla di Basaglia anche se parte da Basaglia. Anni prima della legge, egli scrisse del manicomio paragonandolo ad altre istituzioni come la scuola, il carcere, la famiglia, la caserma. Ecco, io non credo che il manicomio o il carcere siano istituzioni criminali perché vi avvengono abusi o violenze: credo che sia criminale l’idea stessa di istituire simili istituzioni, perché è criminale che qualcuno decida della libertà di un altro. Se ci si limita al manicomio, allora ogni dibattito viene chiuso dalla risposta che diede una paziente di Perugia intervistata sulla legge 180. Disse: ma perché ci avete chiuso i manicomi, stavamo così bene, mangiavamo cacavamo e pisciavamo come matti. Il manicomio riduce un adulto alla dimensione di un bambino col pannolino. Ed è ovvio che qualcuno ci stia bene, e non voglia crescere». "La pecora nera" è la storia di un’Italia non cresciuta, rinchiusa nel mito dei «favolosi anni Sessanta». È un film su di noi, anche se crediamo di non essere matti.

24/12/2010 11:26:32
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Giada

La pecora nera. Elogio funebre del manicomio elettrico

Oggi cercando su internet il dvd la Pecora nera ho trovato questo interessante articolo....

Che Ascanio Celestini è un grande già lo sapevo...ma per chi non lo conoscesse qui di seguito una cronologia di eventi e di date che faranno capire tutto ciò che "gira intorno a La Pecora Nera" che non è soltanto un film.

 

La pecora nera -Elogio funebre del manicomio elettrico ha aperto la Stagione teatrale 2005-2006 del Teatro Morlacchi di Perugia.

Lo spettacolo, prodotto dal Teatro Stabile dell’Umbria e da Fabbrica, la Compagnia di Celestini,

ha debuttato in prima assoluta martedì 18 ottobre 2005, dopo circa tre anni di ricerca e di laboratori condotti dall’autore.

Ascanio Celestini lavora da tempo a questo progetto: da quando, nel 2002, la sua attenzione si è rivolta alla relazione fra gli individui e le Istituzioni cardine del nostro Paese. Da questa indagine è già scaturito il racconto – rappresentazione di FABBRICA (settembre 2002, Benevento Città Festival).

Quando Celestini si è trovato a collaborare per la prima volta con il Teatro Stabile dell’Umbria, che nel 2003 ha prodotto SIRENA DEI MANTICI (storia delle acciaierie di Terni, nata nel solco della ricerca relativa a FABBRICA), l’interesse dello Stabile per la sua intenzione di raccontare la memoria dell’Istituzione manicomiale, è stato immediato ed è nato l’accordo di produrre insieme questo nuovo racconto teatrale.

Durante gli anni Settanta, nel territorio della città di Perugia, la Riforma della Psichiatria ha vissuto precocemente quella stagione rivoluzionaria e sperimentale sfociata nella Legge 180 del 1978, nota come “la Legge Basaglia”.

Nella primavera del 2003, la collaborazione dello Stabile umbro con Ascanio Celestini è partita proprio da questo e la sua ricerca sul campo, i suoi primi incontri con i testimoni della vita manicomiale, prima e dopo la Riforma, sono avvenuti a Perugia.

Da allora Celestini ha proseguito il suo lavoro in molte altre città italiane, visitando i luoghi degli ex manicomi e raccogliendo memorie ed esperienze, prevalentemente degli infermieri ma anche di medici, sempre affiancato dai gruppi di studenti e di attori che hanno partecipato alla sua ricerca.

Il processo di costruzione dello spettacolo, infatti, contiene un altro progetto: il laboratorio storie da legare.

Il laboratorio storie da legare, si è intrecciato con la ricerca di Celestini, nelle stesse città dove si è svolta la sua indagine sulla memoria manicomiale. Gli studenti e gli attori, sotto la sua guida, hanno potuto sperimentare forme e tecniche di scrittura scenica, partendo dai racconti autobiografici degli operatori psichiatrici.

È nella complessità di questo presente dove si sovrappongono la memoria del manicomio, la questione medico – psichiatrica, la terapia con i farmaci e la contenzione fisica che si va ad inserire il nostro lavoro. Un lavoro di indagine nella memoria del presente come luogo di sedimentazione di storie diverse. E sono proprio le storie che stiamo cercando. Storie di persone che hanno abitato il luogo chiuso e strutturato del manicomio, la destrutturazione dell’istituzione, la frammentazione e il mescolarsi con i territori circostanti. Ci interessano le storie personali perché tracciano una rete di prospettive diverse attraverso una questione che non può essere letta come un evento unico. Ci interessano perché sono quelle che hanno trovato una possibilità per raccontare all’esterno una vicenda che rischia costantemente di rimanere una questione privata o un problema scientifico. Ci interessano perché lavoriamo alla costruzione della drammaturgia di uno spettacolo che sarà sostanzialmente un insieme di molte storie. Una drammaturgia che per noi dovrebbe saper raccontare anche il presente della memoria e non soltanto il passato della letteratura teatrale. Una possibilità nuova per un teatro civile che sperimenti la propria “civiltà” non soltanto nelle tematiche, ma soprattutto nella possibilità che queste forniscono per mettere direttamente in relazione le persone con la propria memoria e con il proprio presente.

E poi le storie ci interessano perché mettono direttamente in comunicazione l’evento al quale si è assistito e il bisogno di comunicarlo per trasformare l’immagine personale in immaginario collettivo.

Ascanio Celestini