Centrale idroelettrica di P.

Andando in terra laziale

Quando si presentò l’occasione di visitare tre mete veramente uniche e distanti dalla nostra Toscana non esitai troppo, e partii col treno delle sei del mattino che ancora il sole doveva tramontare.

Di nuovo un bel gruppo di fanatici dell’abbandono in pista, pronti a macinare chilometri e chilometri verso il Lazio.

Ad attenderci al punto prestabilito un altro gruppo di esploratori ‘di casa ’: è uso creare una rete di relazioni con persone disponibili ad accompagnarti in territori ‘stranieri’, in più la compagnia di altri appassionati è una grande motivazione per compiere il viaggio.

Mi ritrovai circondata dai miei soggetti preferiti:    

le grandi industrie abbandonate ora riunite sotto il nome di ‘archeologia industriale’. Quest’ultima etichetta si riferisce a tutte quelle fabbriche e grandi impianti di produzione ora dismessi, e credetemi, questa volta ero vicinissima a questa ‘specie fotografica’: su un lato si trovava un bel cementificio, scarno, essenziale, devastato.

 

Cubi grigi e alti che mostravano le nude scale di ferro arrugginito che si elevava quasi al pari della grande ciminiera.

 

Sul lato opposto, aldilà di uno stretto passaggio, la nostra meta: la centrale idroelettrica e elettrochimica di P. 

 

 

La storia di questo bell’impianto in risale al 1911 quando la Società Italiana per il Carburo di Calcio Acetilene ed Altri Gas ricavò un’officina nella roccia sotto lo stabilimento. Nel 1922 centrale divenne proprietà della società di Terni, e poteva contare sui vicini corsi d’acqua che ne alimentavano gli impianti. Il 10 giugno del ’44, si verificarono delle esplosioni, causate dall’esercito tedesco, che danneggiarono gravemente la centrale idroelettrica. Dopo il conflitto, quando si decise di ricostruire l’impianto, gran parte della produzione fu spostata alla centrale vicina del G. Progressivamente tutti i gruppi che venivano alimentati dai fiumi limitrofi furono portati nella nuova centrale e nei primi anni 70’la centrale di P. chiuse i battenti. 

Da quell’anno la centrale di P. è stata progressivamente devastata non solo da crolli strutturali e infiltrazioni d’acqua ma anche dai ladri di rame che hanno letteralmente fatto sparire turbine intere, e preziosi macchinari. Un piano di recupero è stato ovviamente stilato ma i lavori di ristrutturazione mai avviati. 

Negli ampi locali dai muri incrostati regna solo lo scroscio incessante dell’acqua, si vaga tra scheletri rugginosi, e macchinari vestiti da ragnatele.

Si salgono le scale che si avvolgono sinuose lungo la tromba dell’ascensore. Ad ogni piano nuovi corridoi tetri e lunghi che si diramano nel ventre della centrale, poi noi con i nostri zainetti e torce a respirare polvere di secolare abbandono.

Infine, su una parete di un capannone la scritta :’l’errore di un istante diventa tormento di tutta la vita’, probabilmente un monito per gli operai di quel settore e forse anche per noi, che vaghiamo per queste personali bellezze…in abbandono.

 

 

 

                                                                  Elvira Macchiavelli

 

 

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