Il Manoscritto di Augusta F.

Il Manicomio durante il fascismo per una scomoda verità.

Questo libro è un’autentica testimonianza di un progetto diabolico orchestrato dal Regime Fascista per ‘togliere di mezzo’ chi non la pensava come lui.  La sorte terribile di molti non era il confino o la morte ma la reclusione in manicomio.

Augusta F. scrive la sua persecuzione dal 1939 (quando fu costretta a lasciare la sua vita di donna nubile a Tirana tornando a Trieste) al 1956, anno in cui fu rinvenuto l’ultimo quaderno di Augusta,  ormai morta in una soffitta.

La psichiatra Giovanna del Giudice, già presente dal 1971 nell’equipe di Basaglia, riporta fedelmente i quaderni di Augusta che nel 1986 furono affidati dal figlio della protagonista, ad un infermiere di un Centro di Igiene Mentale di Trieste.

Sarà proprio nel manicomio di questa città che Augusta sarà internata con uno spietato stratagemma e costretta a subire e a vedere orrori davvero difficili da pensare reali.  Il giorno del suo internamento chiederà, invano, ‘perché usassero modi così brutali e perché mi tempestarono di pugni se ero innocente’.

 

 Foto estratta da Morire di Classe, la condizione manicomiale fotografata da C. Cerati e C.B. Gardin (dedicherò il prossimo articolo di biblioteca neo-psichiatria a questo lavoro).

Figure sadiche quelle delle infermiere, impreparate e violente che uccidevano e  manomettevano le cartelle cliniche (nel libro è riportata la testimonianza di Augusta riguardo al femminicidio di Bruna S. contro il resoconto, freddo ed ‘innocente’, della cartella clinica originale della donna).

Nell’istituzione totale ogni parola era spiata e persino i pensieri erano reinterpretati e plasmati in nome di una non-psichiatria esercitata da figure subdole e autoritarie. Un esempio è il Primario che butterà Augusta in pellegrinaggi massacranti in reparti a lei non pertinenti (anche perché sana), e ripeterà più volte alla protagonista che ‘uscirà quando il Regime cadrà’. Questa, l’unica motivazione fornita alla donna, divorziata e madre di due figli, per continuare a restare in manicomio. Ma Augusta non si arrende: è necessaria la ‘firma’ di un parente o conoscente per uscire dall’incubo (i tentativi sono spesso ostacolati dall’ istituzione che controlla e censura a piacimento). Augusta riuscirà ad abbracciare i suoi bambini e la sua vita per tre volte, poi un intrigo di situazioni che rasentano il romanzo giallo (con l’unica eccezione che questa è la pura realtà), infondate accuse e persecuzioni da parte di personaggi intimidatori che orchestrano una vera e propria ‘caccia alla strega’, anche al di fuori del manicomio, e quindi nella vita privata che una donna tenta di riconquistare nella Trieste del secondo Dopoguerra.

 

Consiglio vivamente quest’opera unica (Giovanna Del Giudice, Il manoscritto di Augusta F., Sensibili alle Foglie giugno 1996, 144 pagine) ricca di condivisa suspense e immagini agghiaccianti che rivivono attraverso la narrazione veloce e forte di Augusta F. La doppia ‘scomoda verità’ attuata dal Regime Politico e dal Regime psichiatrico sono un capitolo della storia italiana a cui la stessa Augusta dedica alcune ultime parole: ‘Giurai che mi sarei adoperata perché il manoscritto fosse pubblicato e queste violenze fossero conosciute al mondo’.

Elvira Macchiavelli

Commenti

re: Il Manoscritto di Augusta F.

venerdì 10 luglio 2015 12:47:59

Mi piacerebbe comprare il libro ma ho paura di come sono iscritte le immagini e le testimonianze agghiaccianti. Non so se riuscirei a reggerle. 

Ma sarà sicuramente interessante.

re: Il Manoscritto di Augusta F.

sabato 25 luglio 2015 09:05:29

Interessante davvero...titolo segnato...prossima tappa libreria!

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