Vila Magnolia

impressa su gran parte dei mobili della casa), un cane e molti amici.  Le fotografie ritraggono la famiglia riunita in giardino negli anni Settanta, loro, i coniugi, sempre nella stessa posa in due fotografie in cui la differenza risiede solo nei cambiamenti dovuti all’età.
Non cambia l’entusiasmo dei loro occhi che adesso risiede nello sguardo rassicurante di lei, e silente si trasmette ad ogni angolo della casa, in ogni anfratto, in ogni cassetto dell’armadio dove magari un bambino ha nascosto un piccolo tesoro.

Impossibile non fantasticare su (im)probabili e curiosi ritrovamenti, impossibile non leggere i titoli dei libri umidi posti accuratamente in alcuni mobili sotto le finestre.
Titoli francesi, ecclesiastici e storici: attraverso un titolo si può conoscere una storia, almeno sapere di cosa tratta. Nel caso in cui il libro sia la villa abbandonata (la copertina la sua facciata e le pagine il suo contenuto) nessun titolo potrebbe mai riassumere l’atmosfera di questo posto.

Un posto nuovo, apparentemente ben tenuto, con ancora tutti i documenti in fila negli schedari, i bicchieri sui tavoli, i quadri appesi alle pareti celestine e la collezione di conchiglie sullo scaffale della libreria.
Le scale di marmo sono vestite con l’archetipo del prestigio per eccellenza: il tappeto rosso.
Il piano superiore ha i soffitti alti e a volta tempestati di inquietanti volti di muffa.

Ci sentiamo soltanto pedine non autorizzate che seguono i dettami di un gioco primordiale camminando per una scacchiera diagonale. Casella nera, casella bianca, casella nera, casella bianca. Giriamo a destra; ogni stanza è un tripudio di ricordialtrui.
Sui comodini ci sono ancora i libri e i rosari, nei cassetti gli album del matrimonio di famiglia, vestiti negli armadi, volti corrosi nelle teche dei quadri.

Ogni stanza è buia, ma non abbastanza per la luce della curiosità in contrasto con quella del sole artificiale.
Ultimo piano e ancora ogni spazio è un regolare frattale, regolare prolungamento, dei ricordi. Scattiamo in fretta tanta è l’impressione di violare ‘la questione privata’ della famiglia.

Nella stanza dei giochi il cavallino a dondolo ha portato quei bambini che sono cresciuti prima nelle culle bianche, poi nei letti bianchi al cospetto casalingo, poi….vacillante…nell’oblio.

  Elvira Macchiavelli

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